Cous Cous Klan

“Ma come abbiamo fatto
a trasformare il mondo
in questo eterno fallimento?”

In un mondo in cui l’acqua è stata privatizzata fiumi, laghi e sorgenti sono sorvegliati da guardie armate; i ricchi vivono all’interno di città recintate da filo spinato e sorvegliate da telecamere, i poveri tentano di sopravvivere al di fuori di esse lottando ogni giorno contro la mancanza di cibo e di acqua.

In un parcheggio abbandonato dietro ad un cimitero periferico, sorge una micro comunità di senzatetto, dove sono parcheggiate due roulotte fatiscenti.

In una vivono tre fratelli orfani: Caio, ex prete nichilista e depresso, Achille, sordomuto e irrequieto, e Olga, la sorella maggiore, obesa e con un occhio solo.
Nell’altra roulotte vive Mezzaluna, precario compagno di Olga, un musulmano immigrato in Italia da dieci anni, che per sopravvivere di giorno seppellisce rifiuti tossici per un’associazione criminale e di notte lavora come ambulante.

Alla comunità, logorata da continui conflitti razziali ed interpersonali per la sopravvivenza, si aggiunge Aldo, un medio borghese, elegante e maturo, che dopo un grave problema famigliare si è ritrovato a dormire per strada.

A sconvolgere il già precario equilibrio della comunità sarà Nina, una ragazza ribelle e indomabile, un’anima sospesa ed imprevedibile, che si rivelerà al tempo stesso il più grande dei loro problemi e la chiave per il loro riscatto sociale.

APPROFONDIMENTI

Note di Regia

La comune mancanza d’amore dei protagonisti delle nostre storie porta i dialoghi all’eccesso e all’isteria evidenziando gli aspetti tragicomici di esistenze che commuovono e fanno ridere nello stesso istante.

I loro tormenti emotivi amplificano il loro aspetto umano, e raccontano una realtà spinta all’assurdo che, però, attiene al nostro quotidiano.

Uno stile “eccessivo” che, trasformandosi in provocatorio realismo, cerca un divertimento mai gratuito e fine a se stesso.

Un punto di vista sul mondo e sul presente nel tentativo di non farsi mai imprigionare dalla retorica o da inutili moralismi.

Come compagnia, infatti, portiamo avanti da anni un lavoro di costante ricerca sulla mescolanza dei generi, con l’obiettivo di fondere l’ironia alla tragicità, il divertimento al dramma, in una continua escursione fra realtà e assurdo, fra sublime e banale. Ci interessa muoverci sul fragile confine dove, all’improvviso, tutto può inevitabilmente risolversi o precipitare.

Crediti

drammaturgia
Gabriele Di Luca

regia
Gabriele Di Luca
Massimiliano Setti
Alessandro Tedeschi

scene
Maria Spazzi

costumi
Erika Carretta

musiche originali
Massimiliano Setti

con
Angela Ciaburri
Alessandro Federico
Pier Luigi Pasino
Beatrice Schiros
Massimiliano Setti
Aleph Viola

voce fuori campo
Andrea Di Casa

luci e direzione tecnica
Giovanni Berti

una coproduzione
Teatro dell’Elfo
Teatro Eliseo
Marche Teatro

in collaborazione con
Fondazione Teatro della Toscana e Corte Ospitale – residenze artistiche

Estratti stampa

Gabriele Rizza, Il Manifesto

(…) Il nuovo lavoro del gruppo, forte dei riconoscimenti di Thanks for Vaselina (è pronta la versione cinematografica) e di Animali da bar, nel suo incedere aggressivo, anfibi e tuta mimetica, sul terreno della trasmissione verbale, traduce una inesausta combattività drammaturgica riservata alla forma monologo. L’indocile Cous Cous Klan conferma l’impianto originario dell’ensemble e del suo autore. Ma stavolta sfodera anche un appeal da grande opera: narrazione tonica, ritmo implacabile, contenuti che suscitano sdegno, un impeccabile dispositivo scenico, luci, musiche, costumi, tutti in congrua sintonia, e un energico e puntuale –  fino allo stremo – ingranaggio recitativo, lodevolmente sorretto da Angela Ciaburri, Alessandro Federico, Pier Luigi Pasino, Beatrice Schiros, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi (…)

Se è vero che ogni scrittore scrive sempre lo stesso romanzo, o il continuo dei precedenti, che ogni artista prosegue la sua opera nel flusso e nello scorrere del tempo, allora da questa analisi non può essere escluso il drammaturgo Gabriele Di Luca e la sua Carrozzeria Orfeo (…) Questo nuovo “Cous Cous Klan” (prod. Elfo-Eliseo-Marche Teatro, in collaborazione con Teatro della Toscana e Corte Ospitale), già omaggio alla caratteristica ossimorica che fa da colonna vertebrale della penna catartica di Di Luca tra il piatto principe africano-mediorientale e gli incappucciati del White Power, parte dalla riflessione sul prossimo possibile, molto probabile (e non ci vuole Nostradamus per prospettarlo), futuro squallido, avvilente, putrido e viscido che ci attende tra paura dell’altro, timori nucleari, disuguaglianze che si aprono ed aumentano a forbice tra i vari ceti e classi sociali, il ritorno alla concezione dell’uomo come oggetto da usare, scambiare, un domani dove la vita di alcuni, di molti, non vale niente, un ritorno, di fatto, allo schiavismo dove intere sacche di popolazione stanno, loro malgrado, chiuse e rinchiuse dentro recinti (o fuori, esclusi da essi) senza poter entrare in contatto con chi vive dentro, coloro che sono riparati dalle fogne maleodoranti, lontano dalla vista dei derelitti, degli zombie, dei vagabondi, degli ultimi, brutti, sporchi e cattivi. (…) l’amalgama attoriale è, come sempre, d’altissima qualità, pulizia e precisione con Beatrice Schiros, graffiante e urticante, Massimiliano Setti, lancinante, e Alessandro Tedeschi, frizzante, sugli scudi a tessere e filare questo delirante nulla che ci apprestiamo a grandi passi ad imboccare: una strada senza via d’uscita. Buon annientamento a tutti.

(…) Per quanto esagerati, paradossali, improbabili, i personaggi custodiscono un nocciolo di verità commovente, specchio deformato di vizi e manie nostri e del nostro mondo in sofferenza. Merito di una scrittura leggera e insieme lucida, e di un gruppo di attori fenomenali, tutti da citare: Beatrice Schiros, Angela Ciaburri, Alessandro Federico, Pier Luigi Pasino con Massimiliano Setti e Alessandro Tedeschi, anche registi.

(…) Gli interpreti sono bravi, tutti bene in parte; il gruppo è compatto, affiatato, si muove preciso e veloce, ma la prova di Alessandro Tedeschi è notevole nella sua restituzione del sordomuto: controlla un personaggio difficile da fare con una perizia incantevole, evita sempre il patetico e il macchiettistico e sta in equilibrio sulla corda di un surreale grottesco in cui l’eccesso non diventa mai eccessivo. Beatrice Schiros (la donna orba) possiede un senso della battuta invidiabile, la piazza ogni volta nel momento giusto, potrebbe rubare a piacimento il tempo ai colleghi ma dimostra di avere anche un senso del collettivo raro in un un’artista dalle spiccate doti individuali. Angela Ciaburri è la ragazza, tutta un fascio di nervi e di scatti e di giravolte recitative; a Pier Luigi Pasino il ruolo del musulmano, un buono calpestato dalla malasorte d’una vita in un Occidente ormai sguaiato, delittuoso e “relittuoso”; l’ex prete drogatone è un impeccabile Massimiliano Setti, cattivo, sempre col fucile in mano, una specie di Dinamite Bla che trova l’amore e si sdilinquisce perché gli esseri umani hanno sempre bisogno d’una speranza sentimentale di felicità anche quando vivono come cinghiali accanto a un cassonetto dell’immondizia alla periferia d’una città; Alessandro Federico riesce ad assicurare una prova di tutto rispetto malgrado si cimenti con un ruolo – il pubblicitario decaduto – che per motivi drammaturgici ha pochi margini di manovra e poca riserva di fascino. Dopo questo spettacolo resta solo una speranza ed è che le distopie, così come le utopie, non si realizzano mai perché l’uomo non è capace di costruire paradisi e non riesce neanche a fabbricare inferni. Quando ci prova, e quasi ce la fa, fra le sue mani si sgretola perfino il regno di Satana.

(…) Si riconosce immediatamente il marchio di fabbrica di Gabriele Di Luca, una drammaturgia come sempre ineccepibile composta da dialoghi ruvidi e concitati che aprono il cuore dello spettatore per poi spiazzarlo con risate mai banali e attimi di pura poesia. Colpisce la cura maniacale dei particolari, una scenografia curata fin nel minimo dettaglio, che non è mai di contorno ma viene usata, stressata dagli attori fino a diventare parte integrante della narrazione e che consente allo spettatore di immergersi profondamente nella realtà portata in scena. La grande qualità artistica del cast permette a questo piccolo miracolo teatrale di realizzarsi ancora una volta, riuscendo a non annoiare mai nonostante le due ore di dialoghi serrati. (…)

(…) sostenuta dall’abilità degli attori e valorizzata da musica e luci straordinarie, suscita una gamma di emozioni diverse, comiche e drammatiche, spesso in momenti così vicini tra loro, da lasciare sbigottiti (…)

Volgare, blasfemo, sporco, facile, pruriginoso, sciocco, scorretto, lungo: in una parola irresistibile. Cous Cous Klan di Carrozzeria Orfeo è uno spettacolo intelligente ed esilarante, in tour fino a marzo, mentre la compagnia si prepara al battesimo cinematografico con Thanks for Vaselina (…)

(…) Una miscela esplosiva arriva in scena con Cous Cous Klan. D’altronde c’era da aspettarselo e anche questa volta la Carrozzeria Orfeo non ha deluso le aspettative. La cifra è quella, sancita dai successi di Thanks for vaselina e Animali da Bar, a cui si aggiunge l’ultima fatica del gruppo, un altro efficace squarcio sul mondo dei perdenti, e la trilogia è compiuta. Come sempre il ritmo è incalzante e il linguaggio crudo e senza filtri. Gli ingredienti sono sempre ‘piccanti’ ed estremi: emarginazione, razzismo, sopraffazione, cinismo, violenza, disperazione, solitudine, nichilismo. Ma anche sprazzi d’amore, tenerezza e solidarietà (…) Lo spettacolo è divertimento e dramma, realtà e assurdo, si ride molto, di gusto. Occorre sottolineare la bravura dei sei attori del gruppo (Angela Ciaburri, Alessandro Federico, Pier Luigi Pasino, Beatrice Schiros, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi).

(…) Intatto il talento drammaturgico che conosciamo, capace di partorire storie e personaggi “straordinari”, strambi e normalissimi al contempo, quasi sempre immersi in situazioni estreme, eppure a noi così vicini. Difatti, a colpire del drammaturgo, oltre alla felicità creativa, è la capacità di parlare dei nostri giorni, senza mai abbandonare l’ormai caratteristica impronta pop, trasformando i suoi spettacoli in “luoghi” in cui tutti gli spettatori si sentono uguali, dove forte è l’attenzione nei confronti di chi assiste allo spettacolo, e dove non c’è spazio per intellettualismi o vuote riflessioni su scontati argomenti (…) La drammaturgia è accompagnata da una felice regia a tre, a cui si aggiungono le musiche originali di Massimiliano Setti e le belle luci di Giovanni Berti, per uno spettacolo che, pur fedele alla scelta di un teatro per tutti, va a toccare ed affrontare davvero molti temi del nostro contemporaneo, come la violenza e la sopraffazione insite nella nostra società, le crisi di mezza età, le ragazzine che si vendono per denaro o disperazione, il desiderio di avere un figlio, i drammi dell’abbandono, tra famiglie sfasciate ed amore cercato e preso a tutti i costi, gli scandali del Vaticano, il difficile incontro tra Islam ed Occidente, i problemi legati all’immigrazione. (…) A tutto ciò si aggiunge un gruppo d’attori talentuosi ed affiatati: tutti se la cavano alla grande, soprattutto Beatrice Schiros (non lo scopriamo certo oggi), Angela Ciburri e lo stesso Setti. I protagonisti interpretano personaggi al limite, alla disperata ricerca di un amore che riempia giornate piene di rabbia, rancori e cinismo, dai quali scaturisce un egoismo spietato, pronto talvolta a trasformarsi in gesti di inusitato altruismo. (…) Nonostante si sia condotti, tra risate e sghignazzi, in questa “terra guasta”, e si sia spesso come “alleggeriti” da scambi di battute davvero irresistibili, qui si parla di amore maledettamente cercato, di abbandoni e solitudini strazianti, alle quali l’uomo reagisce quasi sempre d’istinto, chiudendosi a riccio nel proprio egoismo protettivo.

Cinico, sfrontato, a tratti grottesco e violento; sensuale, commuovente, riflessivo; capace di risvegliare i pensieri più inconsci nello spettatore e scuoterlo dal torpore delle poltroncine rosse di velluto. Ancora una volta, Carrozzeria Orfeo è riuscita a immedesimarsi nel piccolo quotidiano e ad estrapolare l’essenza della natura umana in uno spettacolo che già dal nome rivela la vena sarcastica della compagnia: Cous Cous Klan (…) Dopo ben dieci minuti di applausi e una sala intera in estasi per l’esibizione, possiamo senz’altro dire che qualcosa di positivo “Cous Cous Klan” lo ha lasciato ed è l’amore per il teatro e per una compagnia teatrale innovativa e pronta a rischiare (…)

(…) Con Cous Cous Klan la Carrozzeria Orfeo costruisce un testo comico ma solo all’apparenza leggero, che riesce ad essere ancor più drammaturgicamente coeso dei lavori precedenti. Gli interpreti Angela Ciaburri, Alessandro Federico, Pier Luigi Pasino, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi maneggiano abilmente i personaggi insoliti che la drammaturgia di Gabriele di Luca ha messo loro tra le mani, mentre una “giunonica” Beatrice Schiros spicca come già in Animali da Bar. Ne esce un lavoro che affastella ai limiti dell’eccesso spunti, suggestioni, caratteri. Apre riflessioni lasciandole volutamente sospese. Cous Cous Klan non dà risposte, al contrario, divertendo e pungolando impone allo spettatore domande anche sgradevoli, urticanti, ma cui il presente non può sfuggire. Interpella personalmente ogni individuo perchè scelga da che parte stare. E allora ridere è la scelta più semplice, mentre rispondere è quasi impossibile, perchè chiede di guardarsi dentro. Ma «gli altri saranno anche sgradevoli, ma l’incontro con se stessi è la cosa peggiore che possa capitare».

(…) Ancora una volta il trio che ha dato vita a Carrozzeria Orfeo (Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi) porta in scena un testo originale, sagace, che sa proporre temi socio-politici attuali mai con atteggiamento cattedratico ma anzi con garbata crudezza, con brillante intelligenza, con quell’amore per i personaggi più sgangherati che porta il pubblico a parteggiare subito per le loro cause folli, già perse in partenza, amando da subito le loro debolezze, i loro errori, le loro psicosi. La squadra di questo Cous Cous Klan, come nelle precedenti produzioni, si rivela riuscitissima: Angela Ciaburri è superlativa nell’interpretare un personaggio fragile e forte al tempo stesso, così come Massimiliano Setti interpreta un ex prete disilluso che tutti vorremmo come amico e confidente; la Olga di Beatrice Schiros è devastantemente esilarante e Alessandro Tedeschi è perfetto nell’interpretare un sordomuto che, anziché risultare un invalido patetico, incute rispetto e sottomissione; Pier Luigi Pasino è un “muslimano” da 10 e lode, esilarante nel suo cercare di evitare i luoghi comuni sugli arabi e Alessandro Federico è un fallito di tutto rispetto, capace di capire quando i suoi sette pilastri automotivazionali sono solo “un rosario di ambizioni meschine, di millenarie paure, di inesauribili astuzie” sempre per citare il De André di “Smisurata Preghiera”. La drammaturgia è portata in vita con meccanismi scenici perfetti, una macchina teatrale che, anche attraverso alcuni tagli e “inquadrature” quasi cinematografiche, non prevede mai momenti di stallo ma solo perfette intersecazioni continue che esaltano al meglio le grandissime doti di ognuno degli attori in scena, conducendo lo spettatore in un vortice d’immagini ed emozioni che non concede mai requie, tra momenti di esilarante divertimento, sprazzi di dolorosa poesia e istanti di sincera commozione.

(…) due ore piene di spettacolo sulla scena spoglia degli avanzi del consumo, un ritmo recitativo serrato e fisico sostenuto da una drammaturgia solida e inventiva (Gabriele Di Luca firma la produzione di Carrozzeria Orfeo, al Teatro Elfo di Milano dal fino al 31 dicembre) e da sei attori quasi sempre in azione e in perfetta alchimia esplosiva, tante risate a scena aperta e a denti stretti, un cabaret di turpiloqui e vaniloqui pienissimi di senso e sentimento, frustrazione e lampi di speranza. (…) Proprio il grottesco, sempre illuminato da una distanza ironica e giocosa, si rivela una chiave speculativa che illumina e provoca, e questa realtà così lontana e così vicina, finisce, attraverso gli eccessi e l’irriverenza, il paradosso e la provocazione, per riguardarci ancora più profondamente, ché il prossimo risulta certo l’altro e l’altrove, che quello che sta arrivando, quel futuro-presente che racconta questo presepe ribaltato e irriverentemente rinnovato, che contempla, senza facili consolazioni, tanto lo sconforto che l’ipotesi di rinascita. 

(…) La triplice regia di Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti e Alessandro Tedeschi è capace di disegnare una scena dal taglio cinematografico e scoppiettante e di guidare con precisione gli attori, tutti bravissimi, dentro personaggi dai caratteri inconfondibili. Il ritmo e l’energia con cui conducono la recitazione non ci annoia mai. Gli applausi, nel finale, sono a più riprese. Da vedere.

(…) Un testo ben scritto, capace di strappare sonore risate di mirroring, ma anche di raggelarci in fulminee stilettate scoccate in affondo nel nervo scoperto di ciascuno di noi. (…) E, con ritmo ugualmente incalzante, la regia monta quadri per lo più velocissimi, giocati fra battute al fulmicotone, immagini quasi da sitcom e personaggi apparentemente clichettizzati, ma che, coupe de teatre, sanno all’improvviso rivelarsi altro e poi altro e poi altro ancora, in un continuo ribaltamento di giochi, che vivacizza l’atto unico, di ben 120 minuti, ma che scivola via come una chiacchierata fra amici. E poi la cura che traspare da tutto: dalle scenografie, fatiscenti, nel restituire il degrado, ma poi anche versatili, nell’agevolare il moto perpetuo degli attori, che ben restituisce quel loro nevrotico girare a vuoto – come topi in una fogna, da cui chissà se davvero hanno la voglia e il coraggio di uscire -, alle luci, che segnano il passaggio di molte lune e accendono, insieme alle roulottes, pure il variare delle tonalità emozionali, fino alla musica – discreta eppure puntuale: di quelle di cui quasi non ti accorgi, tant’è intessuta nella trina stessa della drammaturgia. Ma, soprattutto, la sola possibilità per portare in scena un testo così denso e stratificato era affidarlo al prezioso mestiere di questi attori – tutti! – dalla recitazione grottesca e solforica, sì, ma poi anche sfaccettata e capace di restituire la prosaicità calcolatrice e di accendersi in lampi emozionali, che un po’ il pudore, un po’ la necessità spesso spengono in guizzi di sarcasmo. Eh, già: proprio come nella vita…

(…) Esilarante, fresco, pieno di ritmo, mai scontato e incredibilmente creativo, il nuovo lavoro di Carrozzeria Orfeo è una tragicommedia grottesca che non perde mai il riferimento alla realtà. Con testo e mise en scene che potrebbero riconciliare con il teatro anche i più scettici e restii a metterci piede. Fil rouge di tutti i personaggi, un disperato bisogno d’amore che ne evidenzia le sfaccettature ora ridicolmente disperate, ora disperatamente comiche, in un botta e risposta ad alta densità emotiva. Gran bel ritmo gli attori. Assolutamente da vedere.

Volete concludere l’anno con una cinica risata sulla disperazione umana? Eccovi serviti con Cous Cous Klan, della pluripremiata Carrozzeria Orfeo, compagnia di giovani che ha costruito il proprio successo sul ritmo, il politically incorrect e l’eccesso. Risate garantite, con un fondo di amarezza (…)

(…) Ancora una volta il trio che ha dato vita a Carrozzeria Orfeo (Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi) porta in scena un testo originale, sagace, che sa proporre temi socio-politici attuali mai con atteggiamento cattedratico ma anzi con garbata crudezza, con brillante intelligenza, con quell’amore per i personaggi più sgangherati che porta il pubblico a parteggiare subito per le loro cause folli, già perse in partenza, amando da subito le loro debolezze, i loro errori, le loro psicosi.

La squadra di questo “Cous Cous Klan”, come nelle precedenti produzioni, si rivela riuscitissima: Angela Ciaburri è superlativa nell’interpretare un personaggio fragile e forte al tempo stesso, così come Massimiliano Setti interpreta un ex prete disilluso che tutti vorremmo come amico e confidente; la Olga di Beatrice Schiros è devastantemente esilarante e Alessandro Tedeschi è perfetto nell’interpretare un sordomuto che, anziché risultare un invalido patetico, incute rispetto e sottomissione; Pier Luigi Pasino è un “muslimano” da 10 e lode, esilarante nel suo cercare di evitare i luoghi comuni sugli arabi e Alessandro Federico è un fallito di tutto rispetto, capace di capire quando i suoi sette pilastri automotivazionali sono solo “un rosario di ambizioni meschine, di millenarie paure, di inesauribili astuzie” sempre per citare il De André di “Smisurata Preghiera”.

La drammaturgia è portata in vita con meccanismi scenici perfetti, una macchina teatrale che, anche attraverso alcuni tagli e “inquadrature” quasi cinematografiche, non prevede mai momenti di stallo ma solo perfette intersecazioni continue che esaltano al meglio le grandissime doti di ognuno degli attori in scena, conducendo lo spettatore in un vortice d’immagini ed emozioni che non concede mai requie, tra momenti di esilarante divertimento, sprazzi di dolorosa poesia e istanti di sincera commozione.

(…) Sono tanti i pregi dei carrozzieri: Gabriele Di Luca è un drammaturgo brillante, la sua scrittura è veloce, tagliente, spiritosissima, scorretta; la regia triplice è buona; gli attori sono tutti bravi, personali per stile ma armonici per senso del ritmo (Setti ha forse il personaggio più sfaccettato e ci è parso particolarmente in parte); Cous cous klan ha anche la bella scenografia di Maria Spazzi, che conferma il suo talento nel creare atmosfere che costruiscono un significato ambientale per lo spettacolo.

Si può ancora scrivere in maniera diversa. Si può essere innovativi, senza abbandonare il solco del teatro popolare. Si possono trattare temi abusati come le divisioni sociali, l’inquinamento, il razzismo, l’omofobia, la violenza sulle donne con un linguaggio alternativo, ma al contempo fruibile e potente, accendendo fari di nuova, tragica luminosità. È quello che da tempo si propone la Carrozzeria Orfeo, compagnia che scrive il suo manifesto già nel nome, dove vengono affiancati i richiami alla dura concretezza di un’officina dove si battono lamiere all’ideale purezza del mitologico artista. Lavoro che ha ottenuto ampi riconoscimenti, in occasione della messa in scena di spettacoli come “Animali da bar” e soprattutto “Thanks for Vaselina”, divenuto un piccolo oggetto di culto (…) Il pubblico, che ieri sera riempiva la sala, ha riso molto, apertamente o con i denti stretti, probabilmente unendo al gusto dolce del puro divertimento, il salato della denuncia o l’acida bile dell’indignazione. Ma anche coloro che, come chi vi scrive, preferiscono nutrirsi di riflessioni amare, hanno trovato ampiamente di che saziarsi.

(…) “Cous Cous Klan” è nel complesso una di quelle belle esperienze di teatro che riconsegnano intatta la speranza che il palcoscenico italiano sia ancora meravigliosamente vivo.

(…) possiamo a questo punto senz’altro assicurare allo spettatore che sarà impossibile non lasciarsi catturare dalla feconda creatività drammaturgica di un Gabriele Di Luca davvero in stato di grazia. La partitura registica tessuta a sei mani dallo stesso Di Luca assieme a Massimiliano Setti ed Alessandro Tedeschi è poi chirurgica nel dipanare la matassa di una trama così articolata, contrappuntata da spunti di riflessione autentica ed istanti di delicata commozione, che vanno ad impreziosire la brillantezza di una commedia dallo humour mai scontato, a tratti crudele, certamente irresistibile e senza dubbio riconoscibile marchio di fabbrica di Carrozzeria Orfeo. (…) Un sestetto di interpreti singolarmente impeccabili, che goduti in ensemble divengono davvero dirompenti: tempi comici millimetrici ed intensissimi, accenti di emozione che li contrappuntano in parentesi in cui il sentimento affiora in questo panorama umano disastrato, solida presenza scenica, un’attorialità dal respiro realmente internazionale. (…) Un lavoro che uno spettatore assennato non dovrebbe perdere per nulla al mondo.

(…) Ancora una volta la compagnia porta in scena uno spettacolo dalla precisa cifra stilistica, una poetica che supera i moralismi e le retoriche e invade con leggerezza la mente dello spettatore. La loro è un’ironia lapidaria che gioca con lo squallore, dà vita a personaggi estremi e surreali ma articolati ed estremamente verosimili nella loro umanità. Personalità che gli attori convogliano attraverso ogni sfumatura all’interno di una messa in scena orchestrata con cura e rigore, mentre le musiche originali di Massimiliano Setti contrappuntano i momenti più salienti incisive e discrete. (…) 

(…) Quello che persegue la compagnia è portare a teatro un’umanità primigenia, marginale, una lotta per la sopravvivenza, dentro un universo amorale, che ha perso ogni senso delle regole, del convivere civile, dove sono saltati i freni inibitori, dove si esprime liberamente la sessualità come nella torrida liason tra Olga e Mezzaluna. Un teatro di fisicità da un lato, ma anche di personaggi in apparenza caricaturali. Ma alla fine ognuno di loro è scandagliato nella propria umanità. Personaggi resi dal grande lavoro degli attori, valga per tutti la parlata da disabile di Achille nel lavoro attoriale di Alessandro Tedeschi. Un teatro provocazione quello della Carrozzeria Orfeo, un teatro che gioca con il politicamente scorretto, nel parlare di disabili, omosessuali, immigrati e religione, e nell’estremo affondo blasfemo della reliquia del prepuzio di Gesù Bambino. Una rappresentazione che si spinge in là nel grottesco, con spiragli di comicità. Ma che in fondo aspira a fotografare il contemporaneo, la realtà tirata fino alle estreme conseguenze. Uno spettacolo incontenibile, al punto che fatica a trovare una naturale chiusura.

(…) Ma la componente veramente efficace di questa operazione è che lo spettacolo non si piega al tema sociale, bensì se ne serve, ne è intriso, eppure, non rinuncia affatto ad essere teatro, spettacolo, riflessione, divertimento. (…) 

(…)  Sul palcoscenico la compagnia ha una sintonia perfetta, tutti e sei gli attori sono impeccabili nel ruolo dei personaggi che si sono abilmente cuciti addosso, senza sbavature nei dialoghi, nelle tonalità, nelle espressioni, aiutati da una scenografia composta da due roulotte sgangherate e una carcassa d’auto che riesce a creare degli interni/esterni con luci ed effetti estremamente suggestivi e quasi cinematografici. Uno spettacolo che oltre che di dramma e ironia è anche carico di poesia, riuscendo a restituire un ritratto di un’umanità al limite talmente ben descritto e interpretato che rende evidente come la scrittura e il teatro italiano godano ancora di ottima salute.

(…) Due ore di spettacolo filante, pregno di battute e di umori malinconici con il leitmotiv di una storia onirica che è anche un giallo con varie possibilità di interpretazione. Certo è che questo gruppo è fortemente emergente nella società teatrale. Il Thanks for Vaselina di loro recente produzione diventerà un film diretto da Gabriele Di Luca, prodotto da Casanova multimedia ovvero da Luca Barbareschi che ha puntato forte su questo collettivo. Ironia, sarcasmo pungente, sprezzatura della società attuale nel melting pot corrosivo per una platea visibilmente soddisfatta e multigenerazionale. Puntuale nell’assecondare la grevità dell’assunto una scenografia fatta di fatiscenti roulotte, di bare trafugate, di piccoli e grandi squallori quotidiani. E la nudità della povertà presentata senza falsa coscienza ma in tutta la sua disperante irreversibile condizione. La comunità in scena è lo specchio di un grande pezzo di società italiana.

(…) Carrozzeria Orfeo ancora una volta non delude, nel tono, nel racconto e nella recitazione, restituendo un mondo vero ed emozionante e creando una forte relazione empatica con gli spettatori.

Cous Cous Klan in scena al Piccolo Eliseo è un spettacolo che non si concede facilmente a valutazioni, interpretazioni, sintesi: ultimo brillante lavoro di Carrozzeria Orfeo, sostenuto da una drammaturgia raffinatissima, divertente, emozionante, da prove attoriali ragguardevoli, da una regia (Gabriele di Luca, Alessandro Tedeschi e Massimiliano Setti) impeccabile. La trama articolata estende lo spettacolo per due ore senza intervallo, eppure non ci sentiamo mai disattenti. (…) A ripercorrere lo spettacolo si centuplica la percezione di accortezze drammaturgiche che illuminano energie poetiche seminascoste, simbolismi mai stucchevoli per quanto arzigogolati, e resta vivida la percezione della bravura degli attori, sempre all’altezza di un contenuto emotivamente abnorme senza mai cadere nella tragicità didascalica o nel macchiettistico. Ci portiamo dietro la fragilità di queste vite brutali ma poetiche, condannate ma creative, ciascuna appesa al filo di una voce lontana, non necessariamente benefica, ma certamente salvifica. Vederlo è necessario!

(…) Scritto da Gabriele Di Luca (stavolta non in scena) e diretto insieme Massimiliano Setti ed Alessandro Tedeschi, Cous Cous Klan racconta di un’umanità assai variegata: sono animali alle prese con i fallimenti in una società che ha portato all’estremo il razzismo e l’intolleranza, sterminando gli sterminati o associando tutti i musulmani al terrorismo. Si ride amaro, e sempre sulla deriva della società contemporanea con temi che toccano in qualche modo tutto quello che da vicino ci riguarda pericolosamente. (…) Che sia una società futura o un bar la Carrozzeria Orfeo propone una commedia nerissima che denuncia un mondo che va a rotoli senza rinunciare a un po’ di ottimismo, nonostante tutto. E con che grinta dei cinque personaggi in scena uno più bravo dell’altro.

(…)  Cous Cous Klan è uno spettacolo davvero lodevole per moltissime qualità, molte più di quelle che stanno in poche righe di recensione. Non si può trascurare però la straordinaria interpretazione e dedizione degli interpreti. Si avverte con chiarezza quanto lavoro di gruppo sia stato impiegato per la messa in scena, così come la passione di ciascuno di loro per l’arte del palcoscenico.

Sono andata a vedere Cous Cous Klan di Carrozzeria Orfeo, e il mio pensiero più spontaneo, prima ancora di pensare alla sceneggiatura, alla caratterizzazione dei personaggi, alla trama o al ritmo, è stato di piena gratitudine. In due ore che scivolano, mentre sulla scena si illuminano di errori e desideri protagonisti così imperfetti, si mette perfettamente a fuoco il loro posto nel mondo, e anche un po’ quello di chi guarda, che è poi un ibrido complesso, ironico e tragico fra Olga, Caio, Achille, Mezzaluna, Aldo e Nina (…) Cous Cous Klan non ha censure, non rallenta mai il suo ritmo, non è politicamente corretto con nessuno quindi mostra un rispetto trasversale e un’amara ironia per i limiti di tutti. Si ride, parecchio, e sul finale si può lasciare andare anche una lacrima, un po’ per la trama e un po’ per l’affetto inevitabile che finiamo per regalare a personaggi assurdamente vicini al reale anche se estremamente lontani da noi. Carrozzeria Orfeo ad ogni nuovo spettacolo mostra una crescente consapevolezza della forza che ha, di quanto seriamente prenda il teatro e la sua funzione nel mondo. Mi fa dire “meno male che ci siete e che continuate a farlo”.