Miracoli Metropolitani

Dopo Thanks for Vaselina e Animali da Bar, i testi più esistenzialisti, e Cous Cous Klan, il più distopico, Miracoli metropolitani è quello più politico perché immaginando un futuro possibile, ma non ancora reale, cerca di richiamare alla responsabilità individuale e sociale, affinché la storia non ci presenti nuovamente il conto attraverso quelle derive populiste ed estreme che nel passato hanno fatto precipitare nell’orrore del fascismo, qui, inteso non solo nella sua accezione politica ma esistenziale.

Mentre all’esterno le fogne, ormai sature di spazzatura e rifiuti tossici, stanno lentamente allagando la città, gettando la popolazione nel panico e costringendola ad una autoreclusione forzata in casa, in una vecchia carrozzeria riadattata a cucina, specializzata in cibo a domicilio per intolleranti alimentari, si muovono otto personaggi: Plinio, chef stellato un tempo e oggi caduto miseramente in rovina, che coltiva sogni impossibili di riscatto culinario mentre la realtà gli impone di cucinare squallidi cibi precotti e liofilizzati importati dalla Cina; sua moglie Clara, ex lavapiatti e infaticabile arrampicatrice sociale, che con il tempo si è trasformata in un’improbabile e bizzarra imprenditrice di classe, in eterno conflitto con il marito sulla gestione dell’attività; Igor, figlio di Clara e figliastro di Plinio, un ragazzo di 19 anni, con grossi problemi di disabilità emotiva, autorecluso ormai da mesi nella propria stanza e ossessionato da un videogame sulla guerra, 

Affonda l’immigrato, unica valvola di sfogo per le proprie frustrazioni. Come se non bastasse, presto si unisce alla famiglia Patty, la settantenne madre di Plinio, ex brigatista e femminista convinta, che dopo aver speso la vita ad aiutare i popoli di mezzo mondo nella lotta contro le dittature di destra che li opprimevano, è ora tornata in Italia per combattere la sua ultima battaglia:

a causa dell’ emergenza fognaria il governo è stato costretto ad emanare un decreto di sostegno per le fasce più deboli della popolazione, ma ecco che quando tra i beneficiari vengono inclusi anche gli immigrati, violenti gruppi di destra iniziano a perseguitarli e ucciderli impunemente al grido di “Prima la Patria.” Un nuovo capro espiatorio è stato trovato, un facile nemico a portata di mano da strumentalizzare politicamente e che in breve tempo porterà ad una guerra civile che velocemente precipiterà nella costituzione di un nuovo governo dai chiari richiami fascisti.

A completare il quadro tragicomico quanto amaro della storia, ci sono poi Cesare, un aspirante suicida che casualmente entra a far parte della “squadra” e presto si affezionerà in modo tenero quanto morboso al problematico Igor; Mosquito, un carcerato aspirante attore costretto ai lavori socialmente utili, grazie ad un accordo tra il direttore del carcere e Clara che, non senza egoismo, lo sfrutta per accedere ai fondi europei; Mohamed, professore universitario in Libano, e rider sottopagato e sfruttato in Italia. Infine, Hope, una misteriosa, aggressiva e buffa lavapiatti etiope, che nasconde un grande segreto e obiettivi moralmente discutibili…

APPROFONDIMENTI

Note di Regia

Miracoli metropolitani è il racconto di una solitudine sociale e personale dove ogni uomo, ma in fondo un’intera umanità, affronta quotidianamente quell’incolmabile vuoto che sta per travolgere la sua esistenza. Siamo di fronte al disfacimento di una civiltà, alla dissoluzione delle relazioni e dell’amore inteso in tutte le sue accezioni, all’azzeramento del ragionamento e del vero “incontro” a favore di dinamiche sempre più malate tra le quali un’insensata autoreclusione nel mondo parallelo del Web, pericoloso sostituto del mondo reale. Il risultato è la più totale solitudine esistenziale, un’avversaria molto più temibile dell’Isis. L’alimentazione, il rapporto con il cibo come forma di compensazione al dolore, come alienazione di un Occidente decadente e sovralimentato, sempre più distratto e imprigionato dai suoi passatempi superflui, la questione ambientale, la solitudine e la responsabilità: sono questi i temi attorno ai quali di sviluppa il mondo di Miracoli metropolitani. Insomma, un mondo stupido…. Uno spettacolo dove si ride tanto, ma dove non si sta ridendo affatto.

I personaggi di Miracoli metropolitani sono un’oasi di diversità apparente: partendo da un’esasperazione di sentimenti di fallimento, solitudine e fragilità, spesso trattati in modo bizzarro e al confine con il grottesco, alla fine si riconnettono con noi svelando il loro nucleo più reale e umano: restano madri frustrate, figli disadattati, amori infranti, solitudini disperate. Si tratta di un’umanità alla deriva, di un gruppo di perdenti, in cerca, ognuno, delle proprie verità nel tentativo di soddisfare i propri desideri più profondi.

Nella loro cucina sgangherata, i protagonisti devono vedersela con ricette assurde per comporre alla meglio il menù europeo, quello asiatico o africano… spesso usando prodotti precotti e presurgelati dalla dubbia provenienza, esclusivamente per soddisfare le richieste di un mercato globale che vuole nutrirsi sempre di più e pagare sempre di meno. In questo senso, il tema del cibo non vuole certo essere una critica a chi soffre realmente di intolleranze alimentari, ma la metafora di un consumismo assurdo, il racconto di come nella modernità ogni cosa venga esasperata, persino il cibo, nostro bisogno primario, che da urgenza alimentare è stato trasformato in una pericolosa moda da cavalcare. Per restituire al pubblico la concretezza delle tematiche trattate, in Miracoli metropolitani si cucina davvero, favorendo così anche una forte connessione emotiva fatta di rumori, odori e sapori immaginati.

Note di Drammaturgia

Miracoli metropolitani è nato da tre suggestioni fondamentali: indagare il tema del cibo come problema reale per gran parte del mondo e bene di lusso per un minuscolo Occidente opulento fatto di alta cucina e reality show; dalla lettura de “La sincronicità” di Jung, il teorizzatore dell’esistenza degli eventi a-causali, ovvero di tutti quegli eventi che si sottraggono alla rigida regola del rapporto causa/effetto per manifestarsi come coincidenze speciali o noumeniche, come le definisce l’autore, che spesso noi chiamiamo – e viviamo come – miracoli. E da un fatto di cronaca inquietante quanto bizzarro: nel settembre 2017 nelle fogne del quartiere di Whitechapel a Londra, è stato trovato dai sommozzatori fognari un enorme fatberg (letteralmente un iceberg di grasso calcificato) che occludeva il tratto fognario. Il “Mostro”, fatto di feci, salviette umidificate, pannolini, condom usati, sigarette, telefonini, e centinaia di altre schifezze che i londinesi per decenni hanno gettato nello scarico del wc, pesava 130 tonnellate (quanto 11 autobus a due piani) ed era lungo 250 metri.
Da questo fatto, naturalmente, si è generato l’innesco dell’intero testo: e se il “mostro” esplodesse?

La scrittura di Miracoli metropolitani è iniziata prima dell’emergenza sanitaria del Covid-19, già immaginando una società chiusa in casa: all’esterno i trasporti sono fermi, la disoccupazione tocca il 62%, le attività commerciali falliscono quotidianamente e la Messa della domenica ormai si celebra soltanto in streaming. L’esplosione delle fogne è il simbolo di un pianeta che si rivolta concretamente all’uomo per riaffermare se stesso e ribellarsi a decenni di incurie, prevaricazioni e abusi ambientali. È una società, quindi, che sta per essere sepolta dai suoi stessi escrementi, metafora di pensieri e azioni malate, di un capitalismo culturale orribile, di un’umanità ai ferri corti con se stessa dove la “merda” più che nelle fogne sembra annidarsi nei cervelli. Durante la stesura, quindi, alla prima domanda: “E se il mostro esplodesse?” ne è seguita una seconda ancora più assillante: come si comporterebbe l’uomo di fronte a una tragedia di questa portata? Sarebbe capace di riconoscere i propri errori e cambiare rotta, o ancora una volta sentirà il bisogno di scaricare ogni sua colpa su un nemico, su un avversario più debole che nello spettacolo, così come spesso nella realtà, è rappresentato dagli immigrati? Il chiaro richiamo al nostro presente e ai suoi escrementi, reali e figurati, cerca di essere innanzitutto un appello ai cittadini.

Crediti

drammaturgia Gabriele Di Luca
regia Gabriele Di LucaMassimiliano SettiAlessandro Tedeschi

con (in o.a.)
Elsa Bossi Patty
Ambra Chiarello Hope
Federico Gatti Igor
Barbara Moselli Clara
Massimiliano Setti Cesare
Federico Vanni Plinio
Aleph Viola Mosquito/Mohamed

Si ringrazia Barbara Ronchi per la voce della moglie

musiche originali Massimiliano Setti
scenografia e luci Lucio Diana
costumi Stefania Cempini

illustrazione locandina Federico Bassi 
foto di scena Laila Pozzo
organizzazione Luisa SupinoFrancesco Pietrella
ufficio stampa Raffaella Ilari

una coproduzione
Marche TeatroTeatro dell’ElfoTeatro Nazionale di GenovaFondazione Teatro di Napoli -Teatro Bellini
in collaborazione con il Centro di Residenza dell’Emilia-Romagna “L’arboreto – Teatro Dimora | La Corte Ospitale”

Estratti stampa

Fabrizio Coscia, Il Mattino di Napoli

[…] Come nelle precedenti produzioni di Carrozzeria Orfeo, anche qui si ride molto, con un fuoco di fila di battute per due ore e mezza di spettacolo, ma questa comicità è il risultato di una serie di elementi ben combinati fra loro: una drammaturgia – di Gabriele Di Luca, che si conferma tra gli autori più originali del panorama nazionale – capace di coniugare umorismo irriverente e riflessione esistenziale, da un lato, con una visione critica della  società contemporanea, votata all’autodistruzione, dall’altro; una regia – dello stesso Di Luca, con Massimiliano Setti e Alessandro Tedeschi — che monta le diverse sequenze con un taglio cinematografico e un ritmo serrato, giustapponendo commedia e dramma, arguzia satirica a momenti di lirismo; e un gruppo di attori straordinari e affiatati. Tutto funziona come un meccanismo senza inceppi per uno spettacolo che mette in scena un’umanità derelitta – «non eroi ma reduci di vita» – eppure capace ancora di una insospettata riserva d’amore, a cui ci si aggrappa, nonostante l’apocalisse sia ormai dietro l’angolo.

Masolino D’Amico, La Stampa

Marta Zannoner, Milano Teatri

Andrea Pocosgnich, TeatroeCritica

Valeria Mele, Gufetto

Rodolfo di Giammarco, la Repubblica

Da un’intervista a Gabriele Di Luca di Maresa Palmacci, Recensito

Da un’intervista a Gabriele Di Luca di Luciano Giannini, Il Mattino Napoli

Da un’intervista a Gabriele Di Luca di Caterina Bonetti, Gli Stati Generali

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